I recenti convegni organizzati da Semina Diretta 2.0 a Roma e Palermo segnano un passo in avanti verso un dialogo aperto tra le aziende, le istituzioni e tutti gli attori coinvolti nella promozione della coltivazione del grano duro senza aratura. Due incontri che rappresentano l’inizio di una collaborazione continua tra l’associazione e i rappresentanti dei settori interessati allo sviluppo di questa tecnica nel Paese. Il GraNotill day di Roma, tenuto nella sala di S. Maria in Aquiro del Senato della Repubblica e patrocinato dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ha confermato l’interesse delle istituzioni nel progetto: «L’impegno per la produzione di un grano di qualità ha un impatto diretto sulla dieta mediterranea che l’Unesco ha riconosciuto come uno dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. L’importanza della Semina Diretta si inserisce quindi in un contesto globale» come sottolineato il segretario generale della Commissione nazionale per l’Unesco, Enrico Vicenti.
Il convegno ha offerto però anche l’occasione per registrare una certa «carenza di informazioni e alla difficoltà di accesso alle stesse – per usare le parole del professor Francesco Zecca dell’Università la Sapienza di Roma –. Senza contare la frammentazione legislativa dovuta alla mancanza di un coordinamento nazionale della semina diretta». Sulla stessa lunghezza d’onda Patrizia Marcellini, coordinatrice del settore Grandi Colture dell’alleanza delle Cooperative Agroalimentari: «L’Italia non può avere venti agricolture diverse. I contributi devono essere armonizzati secondo linee generali e nazionali». Senza contare che la tecnica, pur essendo «un valido aiuto per l’azienda agricola, non basterà a risolvere i problemi se però non si interviene anche sulla filiera», come fatto presente dal dott. Pierdomenico Ceccaroni, della federazione nazionale cereali alimentari di Confagricoltura. Condizioni queste che non possono essere superate semplicemente con incentivi statali: «Lo sviluppo della semina diretta, al di là di finanziamenti pubblici che dovranno tener conto dei punti deboli della catena, passa attraverso due concetti – spiega Luca Bianchi, capo del Dipartimento delle politiche per la qualità agroalimentare del ministero delle Politiche agricole – una certificazione della tecnica in azienda e un’accettazione dei suoi vantaggi presso il consumatore. Crediamo comunque nei benefici che la tecnica può offrire ad agricoltura ed ambiente, può essere una grossa opportunità».